domenica 5 aprile 2015

UN COLLOQUIO DI LAVORO SPECIALE

Treviso, colloquio di lavoro speciale 
al fratellino con sindrome di Down

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Un'intervista semplice

Un colloquio di lavoro speciale. E' quello di Giovanni Mazzariol, 12 anni, bimbo con sindrome Down. Dall'altra parte della scrivania c'è suo fratello, Giacomo, che di anni invece ne ha 18. Le domande svelano il mondo "unico" del più piccolo, tra pregi e piccoli e grandi successi raggiunti nella vita. La tenera intervista è stata pubblicata su YouTube in occasione della giornata mondiale sulla sindrome di Down. "The simple interview" il titolo, Jack N John il nome utente. E una frase a conclusione del filmato che fa riflettere: "Dentro ogni persona c'è un mondo unico. Non guardate gli altri soltanto con i vostri occhi. Siate autentici, siate spontanei. Restate semplici, restate veri".

      la Repubblica, 5 aprile 2015
     
      Intervista al fratello Giovanni che  ha girato il video

"Con quel filmato racconto al mondo chi è davvero mio fratello Down”
CATERINA GIUSBERTI
HA GIRATO un video per raccontare al mondo chi è davvero suo fratello, oltre il muro della diversità e della sindrome di Down, e ha fatto migliaia di contatti, commuovendo il web. A Castelfranco Veneto li chiamano Jack e John, i fratelli Mazzariol. In famiglia sono in sei: la mamma Katia, il papà Davide e le sorelle Chiara e Alice. Ma i più famosi sono loro. Giacomo è alto, ha 18 anni, è rappresentante di istituto nella scuola scuola e ha la passione per i video. Giovanni ha 12 anni, adora i dinosauri e ha un cromosoma in più. Sono i protagonisti di The Simple Interview : il racconto di un colloquio di lavoro al contrario, al quale Giovanni si presenta armato di una valigetta nera piena di peluche e caramelle. Alle domande risponde a monosillabi. No, non sa guidare. No, non è un tipo di successo. E sì, ha brutti voti a scuola. Insomma non è il candidato ideale, ma è così tante altre cose da far venire la pelle d’oca. Il video è andato online su Youtube il 21 marzo, giornata mondiale sulla sindrome di Down, e ha avuto decine di migliaia di visualizzazioni. Adesso Jack e John hanno in mente altri video, una web serie, e cicli di incontri nelle scuole. «Prima non parlavo di Giò con nessuno — spiega Giacomo — volevo proteggerlo, non postavo neanche le nostre foto su Facebook. Poi ho capito che i momenti più belli della mia vita li ho vissuti grazie a lui e che dovevo dirlo, dovevo avere il coraggio di essere me stesso».

Si aspettava questo successo?
«No. Il video l’ho fatto soprattutto per me, per la mia famiglia, per Giò. È stata una scommessa, è andata bene. Ora sono qui a fare interviste e Giovanni vuole diventare un attore di cinema, abbraccia tutti, se ne va in giro per Castelfranco con gli occhiali da sole. E chi lo ferma più?».

Quanto ci avete messo a girarlo?
«Tre giorni, è stato molto divertente. Giovanni si vestiva in giacca e cravatta anche per andare a letto. Il finale, con lui che corre via, è venuto fuori per caso, perché lui era scappato davvero e io avevo la telecamera accesa».

Perché ha deciso di girarlo?
«Perché me la sono sentita. Non è stato sempre facile. I miei coetanei sono pieni di pregiudizi, e forse anche i vecchi, avevo paura che non vedessero Giovanni come lo vedo io, ma solo come un peso. E me come il fratello di un peso. Anche quando dicevano “sei un down” per dire “stupido”, lasciavo perdere. Pensavo che gli altri non si meritassero di capire questa bellezza. Poi a un certo punto mi sono chiesto: perché no? Ho spinto ok e ho caricato il video. L’altro giorno ero a una festa e un ragazzo che non conoscevo mi ha abbracciato per ringraziarmi. Il mio obiettivo è solo questo: cambiare le persone».

C’è qualcosa che vorrebbe dire agli altri fratelli e sorelle di ragazzi down?
«Mi hanno scritto in tanti in questi giorni. Vorrei dirgli che il mondo è pieno di stupidi e che non si devono preoccupare di loro. Parlino con le persone, gli facciano capire che siamo tutti ugualmente diversi».

Però il colloquio di lavoro di Giovanni finisce male: non ha i requisiti per essere assunto.
«Il colloquio è la nostra società, è il nostro mondo pieno di aspettative: il datore di lavoro si aspetta solo che Giovanni abbia i requisiti per produrre. Non lo guarda, non si chiede chi ha davanti. Il colloquio è uno schifo, è del tutto fallimentare. Ma a Giovanni non interessa affatto: gli offre una caramella e corre via».

Dove va?
«Non gli importa niente del colloquio. A lui interessava solo conoscere un’altra persona. Lui non ragiona a lungo periodo, ha obiettivi semplici, quotidiani. Se c’è una cosa che Giovanni mi ha insegnato in questi anni, è a vivere semplicemente, noi abbiamo bisogno di tante cose per essere pieni. Lui ha avuto meno da qualcuno, non so se da Dio, e forse è meno in grado diprodurre, ma regala emozioni e questo ha un enorme valore. A me capita spesso quando sono fuori di chiedermi cosa farebbe Giovanni al mio posto».

L’ultima volta?
«Ero a una cena elegante in un club, e mi hanno chiesto che lavoro facesse mio padre. Io ho risposto imbarazzato che fa il segretario in una scuola e ho cambiato subito argomento. Ma poi mi sono detto: cavolo, Giovanni lo avrebbe difeso, avrebbe detto: papà fa il segretario, è un lavoro bellissimo e conosce un sacco di bambini».

Ci sono cose che lo rendono triste?
«Abbiamo più paure noi, in realtà. Lui sa perfettamente accettare quello che succede, siamo noi che pensiamo sia infelice perché ha avuto meno. Io penso che Giovanni è così e basta. Io ho i capelli marroni e gioco male a calcio, lui ha meno talento per la matematica e un cromosoma in più. Mi insegna ogni giorno a scendere dal piedistallo, a essere umile, a capire che sei felice quando riesci a vedere il mondo di ogni giorno. Senza di lui sarei solo uno sbruffone».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Avevo girato le scene per me: le ho caricate dopo, pensando a chi dice “handicappato” come fosse un insulto Temevo che gli altri avrebbero visto Giovanni come un peso e me come il fratello di un peso...

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